Negli ultimi mesi è entrato nel vocabolario delle relazioni digitali un termine nuovo: Banksying. Il riferimento è all’artista Banksy: compari, marchi, ti dilegui. In coppia diventa una strategia d’uscita: prima si spegne il dialogo, poi si rimuovono le tracce pubbliche – foto di coppia cancellate, unfollow, esclusione dalle liste – senza un confronto esplicito. E accade anche dopo relazioni durate anni. Traslato ai rapporti: il Banksying è la morte lenta e premeditata di una relazione. Una persona prepara l’uscita per settimane o mesi, si stacca emotivamente, finge normalità, poi esegue la rottura a freddo. L’altra parte lo scopre all’improvviso, ma in realtà era sola da tempo. È un trend descritto da testate generaliste e da psicologi come una forma di evitamento del conflitto che lascia l’altro senza cornice e senza linguaggio.
Banksying è sottrazione violenta
Nel Banksying non c’è un messaggio, c’è un protocollo di sparizione: risposte sempre più rade, cancellazione di rituali condivisi, “silenzio bianco” spacciato per stanchezza o lavoro. Chi lo mette in atto si è già detto addio da solo e, mentre progetta l’uscita, sposta il peso emotivo sull’altro, che resta a interpretare brandelli, come davanti a un murale senza firma. Gli effetti psicologici sono noti: confusione, autocolpevolizzazione, difficoltà a fidarsi. Alcuni autori collegano il fenomeno a stili di attaccamento evitante e all’idea (molto “social”) di proteggere a ogni costo la propria “pace”, anche quando significa scaricare il costo emotivo su chi resta.
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Banksying e ghosting: c’è differenza?
Sì, e non è solo semantica.
- Tempo e regia: il ghosting è taglio netto e spesso precoce (sparisci senza spiegazioni); il banksying è regia diluita: smonti la relazione pezzo per pezzo e poi formalizzi la fine.
- Segnali: nel ghosting i segnali finiscono all’istante; nel banksying i segnali sono ambigui (presenza/assenza intermittente) e quindi più gasanti per il dubbio.
- Impatto: molti osservatori lo giudicano più crudele del ghosting perché prolunga l’incertezza e consuma l’autostima prima ancora della rottura ufficiale. È, in pratica, un “quiet quitting” sentimentale.
È peggio del ghosting o un’evoluzione?
È un’evoluzione più sofisticata della stessa matrice: interrompere il legame senza assumersi la responsabilità del discorso. Peggio o meglio dipende dalla storia di chi lo subisce; ma la dinamica di cancellazione progressiva seguita da finale a sorpresa tende a lasciare ferite più profonde perché trasforma la relazione in un enigma irrisolto. In altre parole: il ghosting ti lascia nel buio; il banksying ti abbassa lentamente la luce e poi spegne.
Come riconoscerlo (e cosa fare in pratica, senza psicodrammi)
- Pattern, non episodi: latenze crescenti, piani disdetti “a catena”, intimità che si svuota ma “tutto bene” in facciata. Quando il pattern è stabile, non è stress: è progetto.
El País - Nomina la scena: fai una domanda chiusa e datata (“Vedo che ti stai allontanando: voglio capire se vuoi chiuderla. Possiamo parlarne entro [data]?”).
- Riprendi il linguaggio: se l’altro rifiuta il confronto, prendi atto. Il confine è comunicazione: “Senza dialogo, la relazione per me è chiusa.”
Il banksying è una forma di violenza relazionale a bassa rumorosità: non urla, ma ti manda in tilt. Quando chi ami sottrae spiegazioni e presenza, il cervello resta senza cornice: si attivano allerta, ruminazioni, controlli compulsivi dei social, crolla l’autostima. È un rebus che consuma realtà e linguaggio. Per questo la via d’uscita è rimettere le parole dove qualcuno le ha tolte: parlarne con chi ti vuole bene, nominare ciò che è accaduto e, se la tenuta emotiva vacilla, chiedere supporto professionale (psicologo/psicoterapeuta, consultori, servizi territoriali). Non è un eccesso: è igiene emotiva. Se cerchi un’immagine per ricordarlo: il banksying non è sparire nel nulla. È smontare la propria presenza finché dell’amore resta solo un indovinello. E quando l’amore diventa un rebus, la soluzione è tornare alle parole — e a una rete di mani competenti che ti aiutino a rimetterle in fila.
Etichette? No: parole precise che tutelano
Parlare di banksying non significa appiccicare etichette alle persone, ma dare un nome a un comportamento ricorrente per poterne discutere effetti e responsabilità. Le parole non creano mostri: accendono la luce. Quando manca il linguaggio, chi subisce tende a colpevolizzarsi, a pensare di “esagerare”, e spesso tace. Nominarlo riduce l’omertà, restituisce cornici e permette di mettere confini senza alzare i toni.
Le diagnosi, solo nelle sedi opportune. Qui divulghiamo su prassi relazionali. E dentro queste prassi c’è uno spettro: dall’evitamento del conflitto fino a condotte manipolative o violente, che sono altra cosa. Va chiarito anche l’equivoco più frequente: no-contact e banksying non sono sinonimi. Il no-contact è una misura protettiva quando c’è violenza, stalking o manipolazione (nei contesti ad alto rischio non appena citati, l’interruzione dei contatti va pianificata dentro un piano di sicurezza con professionisti: psicologo/psicoterapeuta, centri antiviolenza e, se necessario, forze dell’ordine e legale di fiducia; sparire di colpo, senza protezioni, può aumentare il pericolo); il banksying, invece è la sparizione evitante nelle relazioni ordinarie, che scarica il costo emotivo su chi resta.
Un linguaggio preciso non è “politically correct”: rende affrontabile ciò che altrimenti resta nebuloso. Aiuta chi subisce a riprendersi il discorso e, allo stesso tempo, pianta un seme anche in chi agisce così – un dubbio, un limite, una responsabilità. È un innalzamento dello standard, non un tribunale morale.
Non è un’intuizione isolata. Il prof. Giuseppe Lavenia descrive queste pratiche come una vera e propria “pornografia dell’ambiguità emotiva” e sintetizza il punto con una frase netta: «La maturità è dire: ‘È finita.’ La vigliaccheria è lasciare che l’altro lo intuisca.» È esattamente qui che si gioca la differenza: non sulla colpa, ma sulla responsabilità comunicativa.
In questo senso, le parole giuste non distruggono le relazioni: fanno igiene relazionale. Meno silenzi, più chiarezza. Solo così si chiude senza ferire inutilmente.






